Polizia penitenziaria –
Sembrano lontani i tempi in cui le suore si scandalizzavano alla vista dei calendari per i camionisti e i preti criticavano aspramente le modelle ignude fotografate dentro le bare per pubblicizzare imprese funebri, considerandoli un affronto alla decenza e alla sacralità. Oggi ci si infervora ancora per quelli che raffigurano Mussolini in veste di politico, sportivo, lavoratore e riformatore, ma si protesta per quello della polizia penitenziaria. La parte offesa in questo caso è il Partito democratico, che condanna gli scatti che ritraggono agenti intenti in tecniche di immobilizzazione a terra, in tenuta antisommossa o a lezione di tiro, armati con il volto coperto e i giubbotti antiproiettile.
All’arrivo di un nuovo calendario, per ogni anno che passa sulla Terra, ci dobbiamo sorbire la morale di questo e di quello. Tuttavia non vi è obbligo alcuno di appendere alle pareti di casa propria almanacchi con agenti in pose aggressive o ragazze in abiti particolarmente succinti. A smorzare i toni e le tensioni è il ministro della Giustizia Nordio:
«Nel calendario ci sono rappresentazioni pacifiche così come in quelli di altre forze di polizia. Gli agenti penitenziari hanno il diritto di difendersi, anche con le armi».
Il Pd dovrebbe chiedersi se sia giusto perdere tempo dietro a uno strumento che serve solo a gestire impegni e ricordare eventi. Usi il calendario per appuntarsi la data in cui tornare in sé. E decida il giorno per ricominciare a fare vera opposizione.
Matteo Grossi
Scritto per La Ragione