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IL KIT CHE AUMENTA LA PAURA

La pubblicità alla (dubbia) decontaminazione personale –

Nell’anno che è appena terminato le principali paure degli italiani sono state quelle inerenti al cambiamento climatico, all’instabilità economica e alle violenze di genere. Ma a destare maggiori preoccupazioni sono stati i conflitti geopolitici: la guerra in Ucraina e nella Striscia di Gaza hanno alimentato una serie di paure globali e locali. Le minacce da parte di Putin di un probabile uso di armi nucleari hanno fatto aumentare ansie e timori nella popolazione. Tuttavia, queste dichiarazioni sono state perlopiù interpretate dalla stampa come una forma di deterrenza e un tentativo di dissuasione piuttosto che al pari di una minaccia immediata, poiché l’uso di dispositivi nucleari è considerato altamente improbabile a causa delle devastanti conseguenze che ne deriverebbero.
Per superare le paure la conoscenza è fondamentale e la conoscenza arriva principalmente tramite una buona informazione. A ogni buon conto, se i mezzi di informazione (come i giornali) pubblicizzano articoli che alimentano ansie – suggerendo per esempio soluzioni per proteggersi da attacchi nucleari – il processo informativo rischia di risultare controproducente.
In questo caso, anziché ridurre le paure, si rischia di amplificarle creando un circolo vizioso che fa crescere l’ansia piuttosto che offrirne un sollievo.
È il caso di uno dei quotidiani più letti d’Italia. Al suo interno viene pubblicizzato un kit individuale salvavita per la decontaminazione nucleare, batteriologica, chimica e radiologica. Esso comprende una borsa, una maschera per proteggere le vie respiratorie per adulti e bambini, un paio di guanti contro i liquidi aggressivi, due filtri ai carboni attivi, tre contenitori aspersori di decontaminante da 50 grammi ognuno e un blister da 30 compresse di iodio per la produzione di ormoni tiroidei. Il tutto alla modica cifra di 1.200 euro Iva inclusa. Se ne venderanno, certo. Perché la paura ci fa fare cose altrimenti impensabili e chi ha memoria ricorderà che durante la Guerra fredda molti cittadini, preoccupati della possibilità di un attacco nucleare, costruirono dei semi bunker nei loro giardini. Molti di questi rifugi, realizzati in modo rudimentale e quindi inutili per la protezione individuale, sono stati negli anni abbandonati e dimenticati. Altri sono divenuti oggetto di interesse per gli appassionati di storia militare.
Credo sia importante che i media utilizzino le loro pagine commerciali in maniera diversa. Mettere l’immagine di una centrale che salta per aria sulle pagine di un quotidiano per farci comprare una maschera antigas è fuori contesto. Una simile pubblicità dovrebbe essere riservata a riviste militari specializzate o a giornali che trattano emergenze, dove il focus è sui temi della sicurezza e del ri-schio. Su un quotidiano, letto perché autorevole e quindi alla portata di tutti, tale contenuto rischia di alimentare ancor più panico.

Matteo Grossi
Scritto per La Ragione