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RADIOATTIVITA’ DELL’IGNORANZA

I sondaggi ingannevoli sul ritorno dell’energia nucleare –

Complici la crisi energetica e la necessità di ridurre le emissioni di CO2, si è riacceso il dibattito politico sul ritorno al nucleare in Italia. Negli ultimi giorni – mentre il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, trasmetteva a Palazzo Chigi una proposta di disegno di legge delega sul ‘nucleare sostenibile’ che, se approvata, getterebbe le basi per ridefinire il quadro normativo esistente – alcuni istituti han messo mano ai più recenti sondaggi sul tema. Il risultato? Tutt’altro che chiaro.
Secondo alcune rilevazioni una maggioranza di italiani sarebbe favorevole, mentre altre mostrano un’opposizione altrettanto netta. Com’è possibile? Semplice: la risposta cambia a seconda di come viene formulata la domanda. C’è differenza tra chiedere all’intervistato “Sei favorevole al nucleare per abbassare il costo dell’energia?” oppure “Sei favorevole alla costruzione di una centrale nucleare nella tua regione?”. I sondaggi e i referendum sono noti per la formulazione ambigua o fuorviante delle domande, troppo spesso studiate (nel primo caso) per influenzare la percezione e la risposta dell’elettore. In un Paese in cui l’energia nucleare è stata per decenni demonizzata, non sorprende perciò che ci sia confusione tra gli italiani.
Chi è contrario al nucleare non lo è necessariamente per una posizione ideologica, ma sovente per scarsa informazione: si basa ancora su timori legati ai disastri di Chernobyl e Fukushima, eventi tragici ma non comparabili con le moderne tecnologie applicate alla gestione dell’energia atomica. Allo stesso tempo, la percezione del rischio risulta amplificata dalla mancanza di un’informazione chiara e oggettiva, che potrebbe aiutare a valutare la questione in modo più razionale.
L’Italia ha respinto l’energia nucleare con due referendum (nel 1987 e nel 2011) ma il contesto attuale è profondamente cambiato. La crescente dipendenza dal gas estero, i costi elevati in questo settore (quelli italiani sono fra i più alti d’Europa) e la necessità di transizione ecologica basata su fonti stabili e pulite sono fattori che stanno portando molti Paesi europei a ripensare al nucleare e a riaprire ciò che la paura aveva chiuso o rallentato. Se il governo vuole realmente affrontare la questione, servono campagne informative chiare, basate su dati scientifici e non su slogan politici. La Rai per esempio, essendo un servizio pubblico, avrebbe il dovere di trasmettere documentari, dibattiti e approfondimenti sul tema. Non basterebbe un confronto tra politici, che spesso semplificano o distorcono i dati, ma servirebbero esperti del settore, scienziati, economisti e ingegneri specializzati che spieghino vantaggi e svantaggi, aspetti positivi e aspetti negativi con dati oggettivi. Solo in questa maniera, se gli italiani saranno chiamati nuovamente a votare – perché attualmente il ritorno all’energia nucleare non richiede necessariamente un referendum – potranno prendere una decisione seria sul futuro energetico del nostro Paese.

Matteo Grossi
Scritto per La Ragione