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BUROCRAZIA VS TECNOLOGIA

Cosa c’é dietro i ritardi nel rilascio dei passaporti –

La baraonda relativa alla ‘situazione passaporti’ dura da qualche anno e non accenna a diminuire. A oggi possono volerci fino a sette mesi per ottenere un appuntamento in Questura e cominciare la procedura per il rilascio del documento. In alcune città non è neppure possibile prenotare. Dal primo giorno di marzo il caos è aumentato a dismisura: la causa è la massiccia campagna d’informazione riguardante il progetto Polis per il rilascio e rinnovo dei passaporti da parte di Poste Italiane. E bastato annunciare la possibilità di chiedere e ottenere l’agognato documento anche allo sportello postale, che è divenuta un’impresa spedire una raccomandata. Da una ventina di giorni a questa parte i telefoni degli uffici postali di tutta Italia squillano all’impazzata e le code anche solo per avere informazioni sono diventate chilometriche. La campagna d’informazione sul progetto Polis è finita per diventare uno spot volto alla disinformazione. A cui ora si trovano a rimediare gli impiegati.
Il progetto per smaltire le code nelle Questure fa parte del Piano complementare del Pnrr e si pone l’obiettivo di favorire la coesione economica, sociale e territoriale del Paese. È finanziato con 800 milioni di euro e per circa 400 milioni a carico di Poste Italiane. L’iter per avere il passaporto è da sempre lo stesso (bisogna pagare 116 euro per poi ricevere il documento che si stampa in meno di quattro minuti) ma a rallentare la procedura è la mancanza di fondi. Molti agenti sono stati messi a riposo per anzianità, ma ben pochi sono stati assunti per compensare le uscite. Di conseguenza il sistema si è da subito inchiodato. Eppure il ministro degli Intermi ha dichiarato che, grazie alla collaborazione con Poste Italiane e alla sua capillare rete di uffici sul territorio sta progressivamente spostando il baricentro delle attività del Viminale per renderlo sempre più vicino alle esigenze dei cittadini. Come se non sapesse che il piano da lui avviato è di natura sperimentale, riguardando al momento soltanto qualche cittadina della provin cia bolognese. Sinceramente non capisco come a oggi si possa vedere una regolare ripresa del servizio.
Il sito di Poste Italiane è realizzato molto bene, colmo di proposte e offerte: il cliente può attivare lo Spid (il Sistema pubblico di identità digitale che permette ai cittadini di accedere ai servizi online della Pubblica amministrazione), creare un conto corrente, gestire i pagamenti, investire e assicurare la casa o l’automobile, stipulare una polizza per la responsabilità civile o per la tutela legale per cani e gatti, attivare formule di risparmio e avere la possibilità di finanziare i propri progetti. Tra le attività gestite ci sono anche la telefonia e le offerte per luce e gas. Tutto bene.
Qualcuno però mi sa spiegare perché – come ai tempi del Covid – i postini tuttora non suonano al citofono né al campanello per avvisare, ma infilano direttamente nella cassetta delle lettere lo scontrino per ritirare le raccomandate nei loro uffici? Possibile che un libro spedito arrivi a destinazione due mesi dopo? Sono certo che se Poste Italiane tornasse a spedire soltanto pacchi e corrispondenza come ha sempre fatto – e il ministro tornasse a fare il ministro trovando fondi per rimpiazzare il personale nelle Questure – potremmo vivere e viaggiare (passaporto alla mano) felici e contenti.

Matteo Grossi
Scritto per La Ragione