Vai al contenuto

CAMBIANO SOLTANTO LE PAROLE

Accise sui carburanti, promesse non mantenute e debito crescente –

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato il Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029. Si tratta di un documento che definisce le linee guida e le riforme economiche e fiscali per i prossimi cinque anni e ha lo scopo di adeguare le politiche italiane alle nuove regole europee di bilancio e di stabilità. Tra gli obbiettivi prefissati ce ne sono due che appaiono abbastanza curiosi: il consolidamento fiscale con riduzione del deficit e il riallineamento delle accise su benzina e diesel.
Nel primo punto il governo prevede di ridurre il deficit sotto il 3% del Pil a partire dal 2026 e di stabilizzare il debito pubblico attraverso una serie di misure fiscali che includono la revisione delle spese e l’ottimizzazione delle entrate. Bene. E questo perché, giustamente, lo vuole l’Ue. Ma avremmo potuto evitare il richiamo della Commissione europea se avessimo rispettato i vincoli noti fin dal Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992. Di più, un altro obbligo nel trattato prevede che un Paese sano non debba fare un debito superiore al 60% del Pil. Frattanto ci accingiamo a tagliare il traguardo dei 3mila miliardi di debito pubblico, a dimostrazione che quei vincoli non erano e non sono un capriccio, ma l’interesse di chiunque voglia rimanere sovrano dei propri conti.
Il secondo punto appare il più discusso e riguarda l’innalzamento delle accise sul gasolio per allinearle a quelle della benzina.
Ci vuole un coraggio da leoni e un bel pelo sullo stomaco a dichiarare oggi la volontà di alzare il prezzo del gasolio. Già, a meno che si trovi una giustificazione più che plausibile. E sembra che la scusante sia utile soprattutto a rimangiare quello che si era detto in campagna elettorale, riguardo l’esigenza di eliminare i sussidi ambientalmente dannosi e promuovere una tassazione più coerente con gli obbiettivi di sostenibilità. Se il valore dell’accisa sul gasolio fosse allineato a quello della benzina – come suggerisce il Piano strutturale di bilancio – lo Stato incasserebbe circa 3,4 miliardi di euro l’anno, portando maggiori entrate per l’erario e conseguentemente un costo maggiore per chi ha un mezzo di trasporto alimentato a gasolio. In sostanza, invece di tagliare le accise ne aggiungiamo un’altra.
Se trovate del tempo, andatevi a rivedere lo spot elettorale in cui Giorgia Meloni va a fare rifornimento alla sua auto dal benzinaio. Quel video, diventato virale, ha avuto un forte impatto mediatico e ha contribuito a rafforzare l’immagine di Meloni come difensore dei deboli consumatori contro una delle tasse più odiate dagli italiani, la cosiddetta ‘tassa sulla benzina’.
Questa strategia ha giocato un ruolo nella crescita di consensi per Fratelli d’Italia che, a partire da quel periodo, ha iniziato a guadagnare terreno nei sondaggi fino a diventare il soggetto politico di oggi. Anche se non esiste una correlazione diretta fra lo spot e un incremento nei sondaggi, il tema del taglio delle accise è stato uno dei suoi cavalli di battaglia contribuendo alla sua popolarità tra gli elettori del centrodestra. «Gira un mio video del 2019 ma nel frattempo il mondo è cambiato» si giustifica Meloni. Non è vero. E non è cambiata neppure la politica. Sono i politici a essere cambiati.

Matteo Grossi
Scritto per La Ragione