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DAI BINARI AI PEDALI PER TURISTI E CITTADINI

LE VECCHIE FERROVIE

In Italia e in Europa vi sono migliaia di chilometri di linee ferroviarie dismesse. Su quei binari hanno viaggiato storia, merci, uomini e cultura, quest’ultima oltrepassando i confini europei più di ogni altra cosa. Lo svilupparsi dell’industria automobilistica degli anni Cinquanta ha fatto sì che nel tempo si abbandonassero circa 7.500 chilometri di binari, togliendo continuità e collegamenti tra i borghi, i piccoli paesi agricoli e i villaggi rurali. Se in quegli anni la vita si modernizzava prediligendo l’autonomia del proprio veicolo come mezzo per spostarsi e viaggiare, oggi non possiamo certo lasciare in stato di abbandono quelle vie su rotaia capaci di portarti al centro di qualsiasi città o paese che sia. Sono un nostro patrimonio, anche storico e culturale, da salvaguardare.
Non è un progetto nato per via del Pnrr, anche se rispecchia totalmente il concetto della Transizione Ecologica. Tuttavia, da anni nascono simili idee per cercare in qualche modo di riqualificare questi itinerari, purtroppo senza alcun esito concreto.
Anche l’idea di collegare ogni borgo con una pista ciclabile risulta molto attrattiva. L’Italia è piena di affascinanti strade campestri sulle quali poter passeggiare, pedalare o fare attività fisica. La politica amministrativa locale non coglie appieno questa esigenza. Dappertutto, si vogliono invece far nascere nuove piste ciclabili di fianco a strade provinciali dove, sicurezza a parte, si respira ciò che esce dai tubi di scarico.
Trasformiamo piuttosto i binari in piste ciclabili; sarebbe un esempio riuscito di riqualificazione a fini turistici e culturali dei nostri territori. I percorsi sono già tracciati e i vecchi caselli potrebbero essere riadattati come punti di ristoro, magari affidandoli ad associazioni e sane energie locali.
Le bellezze naturali che accompagnano questi itinerari potrebbero certamente competere con i nostri mari e città d’arte. Non accontentiamoci del nostro passato. Trasformiamolo, per continuare a viaggiare.

Matteo Grossi
LA RAGIONE