L’idea di sostituire le voci con quella dell’intelligenza artificiale –
In Italia il doppiaggio non è soltanto una necessità per permettere al pubblico di fruire dei film stranieri: è un’arte.
Questo livello di qualità è frutto di una lunga tradizione iniziata già negli anni Trenta, quando il doppiaggio venne introdotto per motivi politici e linguistici. In seguito si è evoluto fino a diventare un’eccellenza riconosciuta a livello mondiale. Ovviamente c’è chi preferisce sempre la versione originale, magari con sottotitoli, per poter apprezzare le voci autentiche degli attori. Tuttavia è innegabile che il doppiaggio fatto da italiani sia una vera espressione artistica. Basti pensare a Ferruccio Amendola, la voce italiana di Sylvester Stallone e Robert De Niro (più tanti altri), capace di trasmettere ogni sfumatura emotiva con un’ intensità straordinaria.
Oppure a Giancarlo Giannini, che ha doppiato Al Pacino e Jack Nicholson con carisma e con una profondità vocale unica. Senza dimenticare Tonino Accolla, che ha reso il sarcasmo di Eddie Murphy e l’ironia di Homer Simpson ancora più iconici.
Di fronte a questa tradizione d’eccellenza fa discutere la recente decisione di Netflix di sperimentare il doppiaggio tramite intelligenza artificiale. L’idea è semplice: generare voci sintetiche che possano replicare il timbro degli attori originali, eliminando la necessità di un doppiaggio umano. Ma veramente qualcuno pensa di sostituire il tono nevrotico di un Woody Allen doppiato da Oreste Lionello o replicare la versatilità di Luca Ward? La risposta è ovvia: no. Il doppiaggio italiano è molto più che una semplice traduzione. È recitazione, adattamento culturale, ritmo e musicalità della lingua. Un bravo doppiatore non si limita a ripetere battute tradotte, ma interpreta il personaggio con la propria voce, dando enfasi alle emozioni e rispettando il senso profondo della scena. L’intelligenza artificiale, per quanto avanzata, non potrà mai replicare il calore umano, le sfumature emotive, le imprecisioni naturali che rendono un’interpretazione viva e credibile.
Netflix potrà anche spingere sull’intelligenza artificiale, auguri. Ma il pubblico italiano è troppo abituato alla qualità per accettare una voce fredda al posto di un vero attore. Per questo, nonostante l’avanzare della tecnologia, il doppiaggio italiano resterà insuperabile. Non ci rimane che capire se questa strampalata decisione sarà solo un supporto per migliorare e velocizzare il lavoro o se tenterà davvero di sostituire i professionisti del doppiaggio.
Perché per serie leggere e contenuti meno impegnativi l’AI potrebbe avere un senso, magari per rendere più veloce la localizzazione di prodotti di nicchia. La vera sfida sarà trovare un compromesso o quantomeno un equilibrio: francamente, seguire una scena romantica in cui Bradley Cooper corteggia una donna con una voce monocorde e meccanica, fa venire il sospetto che anche le emozioni siano state generate da un computer.
Matteo Grossi
Scritto per La Ragione