Da FONDAZIONE LUIGI EINAUDI
Di Matteo Grossi
L’idea di prestiti a interesse zero da parte della BCE, come proposto su queste colonne, o delle banche come sostenuto da Mario Draghi in un intervento sul Financial Times tende ad aggiungere nuove armi oltre a quelle messe in campo dai governi per sollevare le economie. Gli strumenti indicano due diverse modalità per fornire liquidità agli operatori. Nel primo caso è la BCE a intervenire direttamente erogando prestiti a interessi zero a imprese, famiglie e istituzioni sanitarie.
Il vantaggio di questi fondi è che non incidono sul debito pubblico. Mutano la posizione netta di un paese presso la BCE all’interno del sistema Target, una voce di debito (credito) estero lordo all’interno dell’eurozona che equivale grosso modo alla liquidità in euro che un membro dell’eurozona ha in più (meno) di quella assegnata a ciascun paese dalle regole di proporzionalità. Questa posizione è passiva per l’Italia per 383 miliardi, largamente compensata dall’attivo generale con l’estero. Su questo fronte la nostra penisola gode di buona salute. Il nostro debito estero netto (attività straniere in mano ad italiani meno attività italiane in mano a stranieri- incluso il conto Target) è quasi nullo ovvero -3% del Pil (55 miliardi) a fine 2019 secondo la Banca d’Italia (Spagna -80%, Portogallo -105%, Francia -16%, Irlanda -165%, Grecia -145% – dati fine 2018 Eurostat).
Se la BCE presta direttamente ad operatori dell’eurozona l’aggravio per il nostro debito estero è solo per la parte che eccede la porzione assegnata all’Italia con la regola di proporzionalità. Se anche gli altri eurolandesi accedono a questo “sportello” BCE non abbiamo né peggioramento dei nostri conti con l’estero nè del saldo in Target 2. Solo se eccediamo abbiamo un peggioramento. Vista la nostra buona salute sul fronte dei conti con l’estero questo appare del tutto sostenibile. L’ostacolo maggiore è quello di convincere i nostri partner euro e la BCE.
Con l’ipotesi Draghi i prestiti a tasso zero sono invece erogati dalle banche di ciascun paese. In questo caso la posizione netta sull’estero non cambia. La BCE si chiama fuori e non dobbiamo convincere nessuno perché la garanzia su questi crediti verrebbe da ciascun stato separatamente. Ovvero, ciascuno è lasciato al suo destino.
La più solida istituzione continentale, la BCE, non fa da paracadute. Prosegue nell’acquisto di titoli di stato senza preclusioni. Infatti, con una apertura di rilievo, è finalmente caduta la clausola di proporzionalità che impediva di acquistare maggiori ammontari di titoli di paesi in difficoltà. La proposta Draghi è più immediata da applicare. Non coinvolge istituzioni europee visto che ora ci è consentito di navigare nella tempesta caricando il nostro vascello del debito pubblico come e quanto vogliamo. La garanzia statale sui crediti delle banche non è però un lieve aggravio per i conti pubblici. In più c’è il problema dei tassi zero. Il sistema bancario italiano, ma il resto d’Europa non è messo meglio, fatica a prestare in condizioni di alto rischio a tasso zero fondi che chiedono un orizzonte di diversi anni per essere restituiti. Certo la decisione di cancellare la distribuzione dei dividendi bancari per quest’anno è provvida e aiuta.
Ma questa strada carica ulteriormente i conti pubblici con interrogativi sulla sostenibilità della stessa moneta unica. L’impressione è che se vuole sopravvivere la BCE deve usare tutta la sua potenza di fuoco, anche affiancando in maniera diretta il sistema bancario europeo, incapace di soddisfare la sete di liquidità che produce viene dallo shock globale a domanda e offerta.
In entrambi questi percorsi si chiede di prestare a interesse zero. Sotto il profilo tecnico con dividendi nulli per le banche, profitti in picchiata o perdite per molte imprese, tassi d’interesse a zero costituiscono un logico allineamento dei rendimenti che prima si verifica e meglio è per tutto il sistema economico. Non fa male ricordare che gran parte delle religioni contengono precetti contro il pagamento di interesse sui prestiti. Una larga parte della comunità musulmana mantiene una distanza verso rendimenti finanziari privi di una qualche condivisione di rischi e benefici di un investimento. Per motivi diversi, ma con sorprendenti affinità filosofiche, i regimi socialisti, non davano spazio al tasso d’interesse.
Nel nostro paese vigono norme antiusura con un limite massimo al tasso d’interesse da esigere sui prestiti. Oggi qual è il livello più consono di interesse, ovvero di prezzo del tempo, da chiedere a chi è in drammatica penuria di liquidità perché l’economia vive un tempo sospeso? Una risposta laica deve sapere pesare lo stato di estrema necessità del tempo fermato che viviamo adattando la misura del tasso d’interesse alla drammatica condizione e l’unica scelta coerente diventa: interesse zero. Non mancano poi motivi di ragionevolezza economica che hanno un comune denominatore: impedire con fondi a interesse zero la cancellazione di vite, di capitale umano e industriale, non solo beni privati ma anche beni comuni.