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FIGLI DI UN SINDACO MINORE

PER EVITARE LA RISACCA DEL DEFAULT FINANZIARIO I PRIMI CITTADINI SI LIMITANO A PAGARE STIPENDI E UTENZE, SENZA POTER EROGARE VERI SERVIZI SOCIALI

Un miliardo di euro per assistere trentamila bambini e ragazzi in età minorile. Questo è quanto sborsano i Comuni italiani. I minori sono figli di genitori iscritti nelle liste dei servizi sociali in grave difficoltà. Tra loro vi sono anche gli orfani. I tribunali minorili decidono come e dove affidarli. Per conto d’altri. Glia “altri” siamo noi: i sindaci.
Appena in carica, mi occupai della questione. Il bilancio comunale non quadrava. Mi resi conto che le spese giornaliere per i tre minori in carico erano di trecentosessanta euro, circa centodieci mila euro l’anno. Troppo! Quanto appena detto mi impone una premessa: tutti i bambini hanno eguali diritti e tutti devono ricevere ciò di cui hanno bisogno: amore, sostegno, istruzione, dignità, ossia quella vita della quale sono stati in parte privati. Ma ciò che mete in difficoltà le amministrazioni locali, in special modo i piccoli e medi Comuni, avviandoli verso la risacca del default finanziario.
In simili ristrettezze, nell’impossibilità di progettare investimenti e programmi di sviluppo, la figura del sindaco assomiglia sempre più a quella del commissario straordinario, il cui unico ruolo consiste nel pagare gli stipendi e le utenze comunali. E i servizi ai cittadini? Giocoforza si riducono al minimo. Occorre adeguare la legislazione in vigore affinché le fatture dei minori vengano indirizzate alla ragioneria di Stato, non a quella dei Comuni. Senza badare ai colori di bandiera, ho incontrato molti politici, spiegando loro la necessità di cambiare tale normativa. Risultato? Pur se il problema è stato discusso in Parlamento, si è al nulla di fatto.
La battaglia non è persa né da parte mia demorderò. Ritornerò alla carica più motivato di quanto non lo siano i vari tribunali minorili che, temo fa, hanno incaricato la mia amministrazione del mantenimento di un altro minore. Vorrei solo che la mia non fosse una battaglia solitaria. Perché la mano che toglie deve essere anche la mano che paga. Non riesco a credere che una cosa di buon senso e umanità non trovi la consapevolezza e il sostegno senza vincoli d’appartenenza.

Matteo Grossi
LA RAGIONE