Sistemi poco trasparenti e poco commendevoli per legiferare –
Sappiamo tutti che il decreto legge è uno strumento che il governo può usare in caso di necessità e urgenza per rendere immediatamente efficaci delle norme. L’unico limite che viene posto dalla Costituzione è la sua conversione in legge da parte del Parlamento entro sessanta giorni, pena la sua decadenza. Capita così che a volte il governo – poco importa se di sinistra o di destra (che in questo tutti quanti tendono ad assomigliarsi) – emetta due decreti legge ravvicinati nel tempo, magari su temi simili o collegati fra loro, usando un metodo legittimo ma non proprio limpido.
Per capirci: il primo decreto legge (chiamiamolo A) è già stato approvato dal governo ed è in attesa di essere convertito in legge dai due rami del Parlamento. Poi arriva un secondo decreto legge (chiamiamolo B) e il governo – anziché lasciare che proceda regolarmente per il suo iter autonomo – decide di infilarne tutto il contenuto nel testo del decreto A, proprio mentre il Parlamento sta convertendo quest’ultimo in legge. Alla fine della fiera le Camere approvano una sola legge di conversione che contiene il testo di entrambi i decreti legge, cancellando al tempo stesso il più recente e salvando con tutto ciò gli effetti che questo ha già prodotto fino a quel momento. Convertire due decreti legge con una unica approvazione parlamentare: una furberia istituzionale mica da ridere.
Questo metodo – detto in gergo ‘matrioska’ – non è nuovo, anzi. Nella scorsa legislatura i decreti legge inseriti a loro volta in altri decreti legge sono stati 41. Si vocifera nelle file dell’opposizione che, dall’inizio dell’attuale legislatura sino a oggi, il governo Meloni abbia sfruttato questa tecnica per almeno 12 decreti. Il “Decreto sicurezza” ne è un esempio. E pure il “Decreto flussi”, in cui è stato inserito anche l’intero contenuto del “Decreto Paesi sicuri”. Il Comitato per la legislazione della Camera – che opera da servizio di controllo qualità della produzione legislativa – ha pubblicato i risultati di un’indagine dando, oltremodo, una definizione precisa: «Tale fenomeno consiste nell’inserimento delle disposizioni di un decreto legge (detto “ospitato”) all’interno di un altro decreto legge (detto “ospitante”) in corso di conversione. La legge di conversione di un decreto legge è quindi emendata in sede di esame parlamentare per riprodurre la disciplina di altro decreto legge nonché per disporre, contestualmente, l’abrogazione di quest’ultimo, facendone salvi gli effetti già pro dotti nelle more». Vi sono dunque chiari segnali di criticità, tanto che il Comitato ha suggerito di evitare in futuro tale pratica, proprio perché ostacola un esame parlamentare puntuale e legittima un processo normativo disordinato e poco trasparente.
Dal canto suo, il governo si limita a sventolare la bandiera della necessità e dell’urgenza come un pretesto: tutto è necessario, tutto è urgente, tutto è subito. Che poi, l’urgenza in politica non si programma e neppure si discute: semmai s’ improvvisa.
Nel frattempo il Paese reale guarda come sempre altrove, distratto in particolare dalle vacanze estive. Occorrerebbe però restare vigili poiché, fra un decreto ‘matrioska’ e l’altro, potremmo scoprire che hanno normato qualche aspetto della nostra vita mentre eravamo a remare sul moscone. Sempre per motivi di necessità e urgenza, s’intende.
Matteo Grossi
Scritto per La Ragione