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INUTILE INTRALCIO CERTIFICATO

Semplificare la sanità – 

A due anni di distanza dalla pandemia, abbiamo probabilmente maturato la giusta distanza che ci consente di guardarci alle spalle e considerare quanto questa abbia cambiato le nostre vite. Il Covid ci ha tolto tanto ma senza ombra di dubbio qualcosa ci ha dato, come avviene ogniqualvolta un evento di tali proporzioni colpisce il mondo intero. La ricerca scientifica e gli interventi sanitari nel loro complesso hanno compiuto enormi passi in avanti; i sistemi sanitari nazionali e la medicina cosiddetta territoriale sono cresciuti in termini di efficienza e adeguamento ai nuovi bisogni; le sinergie tecnologiche senza precedenti hanno cambiato regole e comportamenti in ogni ambito lavorativo. Nuove abitudini e rinnovate progettazioni hanno dunque comportato una forte accelerazione nell’utilizzo delle tecnologie.
Un siffatto surplus innovativo ha trasformato e reso inutili alcune procedure del nostro vivere quotidiano. Un esempio. Dal 2015 si attendeva la discussione di un disegno di legge sull’autocertificazione per i primi tre giorni di malattia, quella che il lavoratore avrebbe dovuto compilare in caso di malessere temporaneo, per poi inviarla al proprio medico e all’Inps. Il testo era stato proposto dall’allora senatore del Gruppo misto Maurizio Romani e in un primo tempo apparve interessante, in quanto avrebbe consentito di risparmiare al cittadino lunghe code dentro e fuori gli ambulatori medici. Ma siamo in Italia e spesso l’inganno si nasconde dietro l’angolo. In barba alle pie intenzioni, il disegno di legge sarebbe servito più ai medici che non ai pazienti: se approvato, avrebbe ridotto le pene previste per i primi in caso di falso, responsabilizzando maggiormente i secondi.
Per fortuna tutto questo oggi ci appare lontano e superato. A seguito della pandemia abbiamo infatti imparato a inviare una mail al medico per ottenere il certificato di malattia o una ricetta. Lo stesso possiamo fare con una semplice applicazione sul nostro smartphone. Insomma, la seccatura di sentire la solita frase «Chi è l’ultimo?» mentre si attende il proprio turno in ambulatorio è ormai quasi un ricordo. Bene, ma si può sempre migliorare. Pensiamo ai malati che soffrono di patologie croniche – per esempio diabetici e cardiopatici – e che si vedono costretti a richiedere ripetutamente il medesimo farmaco. Perché dover scrivere ogni volta al medico per ottenere la ricetta? Si potrebbe ulteriormente semplificare la situazione con un’unica sua dichiarazione a valenza permanente.

Matteo Grossi

Scritto per La Ragione