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LA BALENA DI PLASTICA

Nuoce l’uso sconsiderato dell’utile invenzione – 

Che la plastica sia un danno per la natura è un’affermazione di per sé falsa e per questa ragione credo sia doveroso chiarirne gli aspetti. Se ci guardiamo attorno non è affatto difficile trovare della plastica: è sufficiente dare un’occhiata sulla scrivania, all’interno dell’auto oppure dentro le nostre tasche. Non nuoce alla salute di nessuno e ne facciamo un uso e consumo quotidiano, a tutte le ore. Se però la troviamo a terra mentre camminiamo per le strade, si trasforma in un materiale dannoso per l’ambiente. Tutto sta quindi a come la adoperiamo.
Il Belpaese negli anni Settanta andava al lavoro canticchiando: «Più leggero è il mastello più lavorare è bello!». E si aveva ragione perché, prima della plastica, il mastello (di legno o ferro zincato) pesava molto ed era particolarmente scomodo. «Quando mia moglie non c’è mi tocca fare tutto da me» proponeva durante la réclame il grande Gino Bramieri, nel mentre si lamentava del mastello pesante che doveva utilizzare. Sua moglie architetto stava tutto il giorno al lavoro e a lui spettavano i lavori pesanti di casa. Ogniqualvolta il fardello si appesantiva, eccolo esclamare: «E mo… e mo? Moplen!». Il Moplen è il marchio di una materia plastica, un’invenzione nata per mano di un italiano, un ligure di Porto Maurizio: Giulio Natta. La sua creazione, frutto dell’immaginazione applicata alla tecnica, cambiò le sorti del mondo intero; ci aiutò ad arricchirci e a guadagnarci in salute, complice anche la leggerezza di molti manufatti poi divenuti di largo utilizzo.
Il problema, ancor oggi irrisolto, è capire perché troviamo la plastica in mare. Colpa di Giulio Natta o di noi incivili? Il suo viaggio verso le acque del pianeta prende avvio dal gesto incivile di gettare furtivamente il ‘colpevole’ a terra. I ‘complici’ sono il vento e le piogge, che lo spingono nelle caditoie delle vie delle città, da dove s’immette nei cavetti irrigui, nelle fogne e nei fiumi. Da lì a finire nei mari e nei laghi il gioco è semplice. Tutto torna poi sulle nostre tavole a mo’ di farcitura: impazzano le notizie di pesci pescati in mare il cui stomaco è imbottito di plastiche. Nelle balene che aprono la loro grande bocca per nutrirsi di plancton al giorno d’oggi si trovano ormai sedie, mobili interi, scarti industriali e di consumo quotidiano. Insomma, tutto ciò che l’uomo decide di gettare in acqua. Vi ricordate la balena di Pinocchio nell’atto di ingoiare Geppetto e qualunque cosa gli capiti a tiro? Ecco, la realtà ha soppiantato la favola.

Matteo Grossi

LA RAGIONE