Strana e grottesca storia al Comune di Bologna –
C’è qualcosa di profondamente culturale in una password che suona come un insulto. Immaginate di essere uno dei dipendenti pubblici che lavorano al Municipio di Bologna e di ricevere, sotto forma di contributo economico, una card regalo dal sindaco Matteo Lepore per ringraziarvi del lavoro svolto. Il benefit consiste in 25 euro da spendere in beni e servizi culturali come libri, musei, teatro e tanto altro. Il clima si carica di gratitudine, ma ecco l’intoppo: per attivare la card bisogna inserire una password. Ed è qui che entra in scena il colpo di genio (o di follia) che in un attimo fa calare un’ombra sull’atmosfera delle feste. Perché la parola chiave da digitare è “27UP1d0c0c091ion3”, un ginepraio di numeri e lettere che – letto con un pizzico di immaginazione (ma neanche troppa) – assomiglia tanto a un insulto: “stupidocoglione”.
Questo è quanto accaduto negli uffici di piazza Maggiore. In pochi minuti la notizia ha cominciato a circolare velocemente sul web, scatenando commenti fra l’indignazione e l’ilarità. La magia del Natale rende tutti più buoni, quindi le interpretazioni si sono sprecate: un errore casuale? Un gesto di sabotaggio interno? O forse uno scherzo, riuscito fin troppo bene? Se fosse un esperimento sociologico, sarebbe andato alla grande. Perché nulla unisce gli italiani come l’occasione di irridere un’autorità presa in castagna. E che si tratti di un sindaco progressista oppure di un dipendente distratto, poco importa: il danno è fatto.
Ci si domanda come può essere possibile che nel 2025 qualcuno si affidi ancora alla fantasia umana per creare una password. Proprio oggi dove grazie all’intelligenza artificiale abbiamo sistemi capaci di generare ‘parole d’ordine’ sicure anche se casuali. Insomma, se ne avessimo lasciata la gestione a un programma informatico, tutto questo tramestio non si sarebbe manifestato. Tuttavia in Italia ci sono stati diversi episodi in cui l’uso di password nella Pubblica amministrazione ha causato malumori, per via di configurazioni inadeguate e mancanza di attenzione al significato delle combinazioni scelte. È capitato addirittura che alcune piattaforme pubbliche siano state criticate per la debolezza delle credenziali, poi prontamente ‘bucate’ dagli hacker, ma sinceramente non si ha memoria di una storia somigliante a quella del Comune di Bologna.
Episodi come questo rientrano facilmente nella categoria “Chiacchiericcio popolare”, appassionano particolarmente i social perché personificano alcuni paradossi della società italiana. E, tra una risata e l’altra, tutto si trasforma in una metafora della nostra inefficienza. Alla fine, però, la vera domanda che interessa un po’ tutti è questa: chi ha creato quella password l’ha fatto per sbaglio oppure voleva darci prova della sua brillantezza? Perché, se la volontà era quella di insultare i dipendenti, dobbiamo tutti ammettere che ha trovato il modo di fare entrambe le cose. Con una sola riga di codice.
Matteo Grossi
Scritto per La Ragione