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LA STRANEZZA DEGLI STRANIERI

Esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia –

Gli stranieri sono arrivati in Laguna. E ci sono “Stranieri ovunque”. Non è un caso se è questo il titolo della 60esima Esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia.
Le opere esposte nei padiglioni consistono in sculture al neon con diversi colori che per l’appunto riportano in un numero crescente di lingue le parole “Stranieri ovunque”. Se in italiano si legge “straniero”, in portoghese si legge “estrangeiro”, in francese “étranger” e in spagnolo “extranjero”. E sono tutti lemmi collegati sul piano etimologico rispettivamente alle parole “strano”,”estranho”,”étrange” ed'”extraño”, ovvero all’estraneo.
Il contesto in cui si colloca quest’arte è un mondo pieno di crisi multiformi che riguardano il movimento e l’esistenza delle persone all’interno di Paesi, nazioni, territori e confini che riflettono i rischi e i trabocchetti taciuti all’interno della lingua, delle sue possibili traduzioni e della nazionalità, esprimendo differenze e disparità condizionate dall’identità, dalla cittadinanza, dalla razza, dal genere, dalla sessualità e dalla libertà.
Avrebbe incuriosito moltissimo un confronto fra Russia e Ucraina, ma a questa significativa e famosa esposizione d’arte che richiama circa 300mila visitatori da tutto il mondo Mosca non sarà presente per la seconda volta consecutiva. E per decisione di Putin il suo padiglione verrà utilizzato dall’amica’ Bolivia. L’assenza dei russi – che due anni fa era stata motivata dalla protesta dei curatori – questa volta non è ufficialmente giustificata, anche se la ragione sembra essere il timore di contestazioni. Dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022, due artisti russi (Kirill Savchenkov e Alexandra Sukhareva) si erano rifiutati di rappresentare il loro Paese alla Biennale rilasciando sui social questa dichiarazione divenuta rapidamente virale: «Non c’è spazio per l’arte quando i civili muoiono sotto i bombardamenti, quando i cittadini dell’Ucraina si nascondono nei rifugi, quando i manifestanti russi vengono messi a tacere».
Mentre Mosca sta facendo notare la propria assenza, Kiev per converso è riuscita a far accendere i fari sul proprio progetto: si chiama “Net Making” (Fare rete) e rispecchia il tema della diversità e degli “stranieri ovunque” attraverso la metafora della tessitura di una rete che simboleggia l’intreccio di reti mimetiche che le famiglie intessono per i soldati. Ciò consente di focalizzare l’attenzione su temi importanti quali l’autogestione e il lavoro congiunto come fattori centrali nella resistenza della moderna società ucraina. Qualora l’intento fosse quello di mostrarsi parte dell’Europa, dobbiamo ammettere che gli artisti ucraini ci sono ben riusciti. La loro arte è una vittoria per tutti. Per loro e per la nostra libera Europa.

Matteo Grossi
Scritto per La Ragione