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L’ABITO NON FA LA PROSTITUTA

L’ordinanza del sindaco (leghista) di Terni – che vieta “a chiunque” di vestire un “abbigliamento indecoroso e indecente in relazione al luogo, ovvero di mostrare nudità ingenerando la convinzione di esercitare la prostituzione” – è scritta sulla falsariga di molte altre ordinanze in vigore in altrettanti municipi italiani. In calce si firma per combattere la prostituzione ma, nel corpo del documento, si legge solo di vestiario, più o meno succinto. Il ché non risolve il problema, bensì serve a carpire il consenso di qualche benpensante. Forse.
Per affrontare il tema, dobbiamo scansare ogni moralismo, riconoscendo che il fluente mercato della prostituzione è sempre esistito e sempre esisterà.
L’ordinanza – e per capirla occorrerebbe leggerla per benino – è valida in determinati luoghi, ovvero nelle strade dove ci si incontra, si contratta e magari si consuma il sesso a pagamento: zone che degradano non solo le periferie ma intere aree abitative dei centri urbani.
Nulla a che vedere quindi con le interviste che taluni talk show hanno fatto sul tema ad alcune arrabbiate ragazze incrociate nelle piazze centrali della città umbra. Con l’ordinanza quei luoghi e quelle gonne non c’entrano. Occorre però dire che il sindaco di Terni ha sì ragione nell’esercitare il proprio potere a difesa del decoro, ma adopera strumenti sbagliati e per nulla efficaci, se non a tappare i buchi di palinsesti già di per sé noiosi.
Sarebbe stato difendibile qualora avesse organizzato un tavolo di confronto con Forze dell’Ordine e Prefettura, ben sapendo che il problema investe peraltro tutti i sindaci d’Italia; ergo la competenza è delle autorità preposte all’ordine pubblico a livello nazionale.
“Io mi vendo, voi tassatemi” dice una donna che, durante un’intervista, col suo corpo intende lavorarci in maniera sicura e legale. Mi è così tornato in mente l’allora ministro per la Solidarietà sociale Livia Turco che vent’anni fa annunciò l’intenzione di modificare la legge Merlin: depenalizzando il sesso tra le mura e così favorendo la riapertura delle case di tolleranza; penalizzando al contrario, il sesso in autovettura, convinta che in tal modo si potesse eliminare la triste teoria di donne ai margini di un marciapiede. La sua proposta servì soltanto a riaccendere il problema senza risolvere nulla. Tuttavia, ieri come oggi la soluzione resta la regolarizzazione della prostituzione, in luoghi controllati, lontano dagli occhi di chi non vuol vedere: si chiamano quartieri del sesso. In sette Paesi europei – tra cui la grande Germania e la piccola Lettonia, non ultima la vicinissima Svizzera – la prostituzione è legale e regolamentata.
Lì il problema del sesso per strada lo hanno risolto da tempo. Ci vuole quindi un bel coraggio a firmare un’ordinanza che non risolve il grattacapo, anzi lo sposta al Comune limitrofo.
 
Matteo Grossi
LA RAGIONE