Maduro e la distruzione del Venezuela –
Sino a vent’anni fa, grazie alla velocità supersonica del Concorde, si poteva vivere un’esperienza straordinaria: festeggiare il Natale (o il Capodanno) per ben due volte.
Grazie all’ eccentricità di Nicolás Maduro, da qualche anno è possibile rivivere quell’esperienza. Tra un canto rap e un passo di salsa (armi di distrazione popolare usate per dare l’impressione di essere vicino alla sua gente) il presidente ‘abusivo’ del Venezuela ha firmato nei giorni scorsi un decreto che anticipa il Natale al 1° ottobre. Non è la prima volta. Nel 2019 lo aveva spostato al 4 ottobre, nel 2020 lo aveva traslocato al 15 ottobre e l’anno scorso aveva deciso che dovesse essere celebrato il 1° novembre. Il motivo è sempre lo stesso: la profonda crisi politico-economica, che va dimenticata grazie ai festeggiamenti natalizi.
Sotto la presidenza di Maduro il prodotto interno lordo del Paese si è dimezzato velocemente e l’inflazione ha raggiunto livelli mai visti tanto da rendere difficile – e a volte impossibile – per la popolazione reperire beni di prima necessità. Il paradosso è che il Venezuela è uno dei Paesi più poveri dell’America Latina (oltre la metà della popolazione vive in povertà e circa il 70% soffre la fame) pur restando potenzialmente ricchissimo (possiede infatti la più grande riserva di petrolio al mondo).
Alcuni giorni fa la capitale Caracas e diverse aree del Venezuela sono rimaste senza elettricità a causa di quello che il governo si è affrettato a definire un «sabotaggio elettrico da parte delle opposizioni». A detta di Maduro (ma è ovviamente un’accusa totalmente infondata) le cause sarebbero da imputare alle proteste popolari contro la sua rielezione. E’ invece molto probabile che il blackout sia stato provocato dalla scarsa manutenzione delle infrastrutture energetiche venezuelane, che spesso lasciano al buio il Paese. Non deve quindi sorprendere che nell’ultimo decennio più di 7 milioni di venezuelani abbiano deciso di abbandonare il loro Paese. Come dar loro torto? Succeduto nel 2013 a Hugo Chávez, Maduro è stato ripetutamente accusato di violazioni dei diritti umani, incarcerazioni di oppositori politici e sistematica manipolazione delle istituzioni democratiche. Anche le precedenti elezioni del 2018, che avevano esteso la durata del suo mandato presidenziale, erano state ampiamente contestate in patria e a livello internazionale. Anche se formalmente rimane un presidente eletto, Maduro è a tutti gli effetti un dittatore populista che si distingue per il carattere repressivo e autoritario del suo governo. E anticipare il Natale al 1° ottobre non gli servirà a risolvere la crisi politico-istituzionale né tantomeno a nascondere i suoi brogli elettorali.
Matteo Grossi
Scritto per La Ragione