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PORNOLIBERTA’ E MINORENNI

In Francia la rivolta dei siti per l’obbligo di identificazione – 

Negli anni Settanta e Ottanta il desiderio viaggiava per posta. Bastava che arrivasse il catalogo Postalmarket in casa e si apriva un mondo fatto di slip, calze a rete e sguardi ammiccanti ma mai volgari. Erano immagini che lasciavano spazio all’immaginazione, a volte più potenti di qualsiasi video. Oggi tutto è cambiato. Il porno è a portata di clic. Basta un Sì alla domanda «Hai più di 18 anni?» e l’accesso è immediato. È evidente che questo sistema non regge: i minorenni non hanno difficoltà a mentire e i contenuti che trovano sono ben più estremi e distanti da qualunque idea di scoperta graduale.
Di fronte a questo la Francia ha scelto una linea netta e dura: imporre a tutti una verifica dell’età tramite documento o carta di credito. I colossi della pornografia online – come PornHub, You-Por e RedTube – hanno reagito oscurando il proprio contenuto nel Paese, sostenendo che la misura viola la privacy degli utenti. Il governo dei cugini d’Oltralpe, invece, insiste: proteggere i minori è una priorità. E lo è veramente, in quanto i dati parlano chiaro: 2,3 milioni di minorenni accedono mensilmente ai siti porno. La Francia è il secondo Paese al mondo, i primi sono gli Stati Uniti (noi siamo all’ottavo posto).
In casa dei nostri cugini si apre un nodo profondo: è giusto limitare la libertà di tutti per proteggere alcuni? E giusto, in una democrazia, subordinare l’accesso a contenuti legali a un controllo dell’identità? Da liberale trovo questa direzione raccapricciante. Capisco e condivido la necessità di proteggere i più giovani da contenuti inadeguati, ma non si possono accendere le luci su chi, in solitudine, accende i propri desideri con discrezione. Non si tratta solo di pornografia, ma del principio stesso secondo cui lo Stato può decidere cosa è giusto vedere, come e con chi. Imporre l’identificazione obbligatoria significa creare un archivio potenziale dei desideri privati delle persone. Vuol dire ammettere che, per difendere i minori, si può violare la riservatezza degli adulti. Di più, significa spingere chi vuole aggirare il blocco verso strumenti più pericolosi, come le Vpn (reti private virtuali che nascondono l’indirizzo Ip e la posizione dell’utente, rendendo più difficile tracciare le sue attività online) o piattaforme illegali fuori da ogni controllo.
In Francia, dopo il blackout dei siti porno, le iscrizioni alle Vpn sono aumentate di oltre il 1.000%. II desiderio non si cancella per legge: si sposta, si adatta e si nasconde. Ma quando si nasconde, spesso lo fa nei luoghi peggiori. La risposta non può dunque essere il divieto cieco. Oggi forse serve insegnare ai giovani – e spesso pure agli adulti – cosa significano il rispetto, il consenso e la fantasia. A onor del vero, in passato, di certi insegnamenti non c’era il bisogno: abbiamo imparato da soli.
Tuttavia i tempi ora sono diversi, serve un’alfabetizzazione sessuale nelle scuole che oggi manca: si narra di lezioni spiegate con metafore su api e fiori. Il mondo analogico, con tutti i suoi limiti, ci offriva un filtro culturale, sociale ed estetico. Il catalogo Postalmarket era in fondo una forma di dolce scoperta. Invece di vietare in blocco o fingere che basti un «Sì, ho 18 anni», dovremmo investire in soluzioni intelligenti come i controlli reali per i minori, senza schedature per tutti gli altri.
Il vecchio Postalmarket non mostrava tutto, ma suggeriva. E in quello spazio lasciato vuoto nasceva la fantasia. Oggi forse abbiamo perso quel pudore creativo, ma possiamo ancora ritrovarlo, se smettiamo di delegare tutto al controllo e torniamo a fidarci della lentezza, dell’educazione e infine della parola. Perché il desiderio, come la libertà, ha bisogno di tempo per diventare adulto.

Matteo Grossi
Scritto per La Ragione