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PRIVILEGIARE I CINGHIALI O GLI INSACCATI

Per distoglierci dalla lunga telenovela del Covid-19 potremmo parlare di un’altra pestilenza: la Peste suina africana (Psa). Lo scorso 7 gennaio è stata confermata la positività di un cinghiale trovato morto in Piemonte. Il contagio oggi interessa 78 Comuni in Piemonte e 36 in Liguria. Dovesse risentirne l’export di prosciutti e salumi verso Paesi come Gran Bretagna e Stati Uniti, per noi sarebbero guai seri. Potremmo perdere fino al 20 per cento dell’export. Concentriamoci pertanto sulla prevenzione di bufale: un’informazione corretta ci aiuterà a difendere l’immagine produttiva del nostro Paese. Il rispetto degli animali è un principio che va ovviamente osservato; mai, però, se determinate specie ci arrecano un danno. L’invasione dai cinghiali è un’emergenza che si fa notare e chi doveva intervenire ha chiuso gli occhi, spesso dando la colpa ai sindaci: come se le città da questi amministrate disponessero ancora di cinte murarie, così da vietarne l’ingresso ai suini selvatici. Cina, Giappone e Taiwan hanno in queste ore sospeso l’acquisto di carni di maiale e insaccati, con il risultato di farci perdere – secondo stime Cia-Agricoltori italiani – circa 1,7miliardi di euro di export. Il messaggio che deve passare è che almeno questo virus, sebbene altamente contagioso e spesso letale per gli animali, non è pericoloso per l’uomo dal punto di vista sanitario. La peste in questione non è nata in questi mesi e la si conosce da tempo: prima del Coronavirus e, soprattutto, delle fake news così tanto in voga.

Matteo Grossi

Scritto per La Ragione