Il 18 aprile 1955 moriva Albert Einstein –
Siamo circondati da innovazioni straordinarie che ci hanno permesso di fare passi da gigante nella medicina come nella comunicazione, passando per l’intelligenza artificiale, l’esplorazione dello Spazio e, non da ultimo, nel nostro stesso modo di vivere. Accanto a questi progressi ci troviamo tuttavia di fronte a sfide enormi come il cambiamento climatico, la disinformazione scientifica e la crescente difficoltà di distinguere tra verità e opinioni travestite da fatti.
Albert Einstein, la cui morte avvenne esattamente settant’anni fa, è una figura che non soltanto ha rivoluzionato la fisica, ma ha anche influenzato profondamente il pensiero etico e filosofico del suo tempo. Era pienamente consapevole che la scienza, pur essendo uno strumento di progresso, comportasse enormi responsabilità morali. Si espresse più volte sull’importanza di un uso etico delle scoperte scientifiche, temendo che queste potessero essere utilizzate per scopi distruttivi.
In particolare sospettava che il potere delle nuove tecnologie potesse essere manipolato, come poi è accaduto con la creazione delle armi nucleari. Pur avendo contribuito indirettamente alla realizzazione della bomba atomica attraverso la sua famosa lettera a Roosevelt, che spinse alla creazione del Progetto Manhattan.
Einstein si pentì profondamente della direzione presa dalle sue scoperte.
Oggi la sua riflessione sulla scienza come strumento di distruzione sembra particolarmente rilevante alla luce delle attuali crisi geopolitiche. La guerra in Ucraina, alimentata dalla brutalità del regime di Putin, ha riacceso le paure legate all’uso delle armi atomiche, proprio quelle per cui lo stesso scienziato tedesco aveva lanciato il suo allarme con tanta convinzione.
In un mondo in cui le tecnologie nucleari sono più potenti che mai non possiamo fare a meno di chiederci se siamo davvero in grado di controllare la forza che la scienza ci ha messo nelle mani. Le minacce di Putin, le sue dichiarazioni e i suoi gesti di provocazione ci ricordano quanto fragili possano essere i progressi ottenuti nella scienza quando il potere viene usato per scopi violenti. L’attuale situazione ci costringe a confrontarci con le stesse domande che Einstein sollevava decenni fa: cosa facciamo con il potere che la scienza ci ha dato?
La creazione di armi nucleari, oggi come allora, propone un dilemma morale che riguarda l’intero pianeta. Se la scienza può essere usata per distruggere, deve anche essere utilizzata per costruire un futuro migliore. Ma oggi più che mai sembra che l’umanità stia perdendo il controllo sul proprio destino, intrappolata tra il progresso scientifico e le sue applicazioni potenzialmente distruttive. A settant’anni giusti dalla morte di Einstein, la scienza è ancora un faro di speranza. Ma la nostra capacità di utilizzarla con saggezza è messa duramente alla prova. Albert Einstein ci ha lasciato una lezione fondamentale: il progresso senza coscienza non porta al benessere ma alla distruzione. La vera sfida di oggi è quella di imparare a utilizzarla con una visione che privilegi l’umanità e il nostro pianeta. In fondo, la scienza è il nostro specchio: riflette ciò che siamo e forse ciò che potremmo diventare.
Matteo Grossi
Scritto per La Ragione