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SERVIZIO MILITARE E SERVIZIO CIVILE

I costi e le finalità al di là della propaganda –

In un Paese come il nostro, in cui ogni anno aumentano i giovani che vogliono far parte del servizio civile, non si comprende perché mai un ministro, per di più con delega alle Infrastrutture e alle Mobilità sostenibili, debba presentare e sostenere una proposta di legge alla Camera in cui sichiede il ritorno del servizio di leva.
Negli ultimi anni l’Italia ha registrato un sorprendente aumento di ragazzi e ragazze tra i 18 e 28 anni che chiedono di assistere anziani, minori, immigrati, disabili e malati. Nella sola Lombardia sono 3.144 i giovani che hanno risposto al bando nazionale per il servizio civile e che vorrebbero attivarsi per la difesa ecologica, per la salvaguardia del patrimonio ambientale, per la promozione della cultura, del turismo e dei diritti umani. Vi è pure chi volontariamente vorrebbe prestarsi per intervenire con la Protezione civile nel dare supporto ai cittadini in difficoltà in caso di calamità naturali, alluvioni o terremoto.
Eppure c’è chi deve andare controcorrente: «La leva militare? È una forma di educazione al servizio della comunità, di disciplina, di attenzione al prossimo e rispetto per sé stessi e per gli altri che potrà avere effetti molto positivi, ne sono convinto» ha detto alla stampa il ministro delle Infrastrutture (lui, milanese che il militare lo ha fatto sotto casa, a Milano). C’è stato un tempo in cui il servizio di leva rispondeva a scopi ben precisi: proprio la naja riuscì a mettere d’accordo i mille dialetti di un Italia che faticava a capirsi e favori la scoperta di altre zone d’Italia da parte dei ragazzi arruolati. Ma erano altri tempi e con altre esigenze di difesa.
La tesi del ministro Salvini non soltanto non sta in piedi, ma opportunamente trova un freno nella dichiarazione del suo collega vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani:
«Sarebbe troppo costoso». Non male neppure la dichiarazione proveniente dall’opposizione: «Nelle mani dei giovani vogliamo vedere il futuro, non il fucile» ha dichiarato Elly Schlein. Alla fine il ministro alla Difesa Crosetto (l’unico ad aver voce in capitolo) ha messo d’accordo tutti: «Le Forze armate non possono essere pensate come un luogo per educare i giovani. Quel compito spetta alla famiglia e alla scuola».
Proviamo a guardare in faccia la realtà. In Italia ci sono circa 1.500 caserme non più utilizzate o abbandonate. Secondo i dati più recenti dell’Agenzia del Demanio, queste occupano spazi nei centri cittadini e sono spesso edifici vuoti e fatiscenti difficili da destinare a nuovi utilizzi, figuriamoci militari. Da queste pagine invitammo già il Ministero preposto a venderle. Provvedere a una nuova destinazione di queste strutture è importante per ridisegnare l’aspetto e le funzioni che nei prossimi anni avranno diversi quartieri cittadini.
In ogni caso i giovani possono starsene tranquilli: tra un paio di settimane, celebrate le elezioni europee, dell’argomento non si parlerà più.

Matteo Grossi
Scritto per La Ragione