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SINDACI SULL’ORLO DI UNA CRISI GIUDIZIARIA

L’esposto invece dell’interrogazione –

Che ogni giorno, nel Belpaese, possa capitare ai sindaci di imbattersi in un’avventura giudiziaria è ipotesi più che concreta. L’impegno e la passione – strumenti essenziali messi al servizio delle proprie comunità – non bastano a sfuggire alla gogna pubblica di chi non ha alcun titolo per giudicare. Come sovente capita, la colpa ricade poi sulla politica stessa perché sono molti i consiglieri d’opposizione pronti ad additare il primo cittadino quale persona che, nell’esercizio delle sue funzioni, cerca di trarre un vantaggio patrimoniale e personale. Il compito che svolgono non è quello di controllare e consigliare, bensì di gettare sulla maggioranza l’ombra del sospetto, della colpevole maldicenza. Una volta seduti in Consiglio comunale, dai banchi dell’opposizione usano come arma di lotta politica l’esposto in Procura anziché l’interrogazione, strumento quest’ultimo atto a risolvere, a chiarire le incomprensioni. Vuoi conoscere i criteri con cui una Giunta comunale ha deliberato un atto amministrativo? L’interrogazione serve giusto a questo. È giusto allora precisare che – dati alla mano – le indagini su presunti abusi, malversazioni e irregolarità a carico di pubblici amministratori si concludono quasi sempre con un’assoluzione. A pagar dazio sono così persone innocenti, costrette alle dimissioni per fare i conti con una giustizia troppo spesso lenta e quindi ingiusta. Nel 60% dei casi la Procura che avvia il procedimento chiede poi il proscioglimento, nel 20% è il giudice dell’indagine preliminare a chiudere la partita, nel 18% si va a giudizio e solo nel 2% dei casi si arriva alla condanna. Si assiste così alla macabra messinscena del disfacimento della piena agibilità politica di un’amministrazione in carica. Su queste pagine abbiamo più volte scritto di casi che hanno del surreale. Per esempio la disavventura del sindaco di Lodi, arrestato dalla Guardia di Finanza il 3 maggio 2016 con l’accusa di aver manipolato il bando di gara per la gestione estiva di due piscine e poi pienamente assolto lo scorso 25 maggio dalla Corte d’Appello di Milano «perché il fatto non sussiste». Altrettanto emblematico l’ultimo caso accaduto nel vicentino: il sindaco del piccolo Comune di Quinto è stato accusato di lesioni col-pose perché una cittadina si è ferita inciampando in un tombino. Se per il giudice il primo cittadino era responsabile di quel lieve avvallamento stradale, per la Cassazione si deve al contrario accogliere il ricorso della difesa. Il processo è dunque da rifare. Il che significa altro tempo e denaro spesi, altre preoccupazioni a carico di un sindaco. Intanto le opposizioni, in segno di solidarietà, potrebbero quantomeno studiare il modus operandi relativo alle interrogazioni, mozioni e interpellanze. Di certo sarebbe tempo guadagnato.

Matteo Grossi

LA RAGIONE